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Libri / Il caratteraccio

di Giorgio Fontana

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12 marzo 2010

Una delle eredità degli anni Zero è stata il continuo interrogarsi sul popolo italiano in quanto carattere — sulla persistenza o meno di determinate caratteristiche attraverso i decenni. Tempi cupi, indagini cupe: "Come siamo arrivati fin qui?" è la domanda ricorrente, e non è semplice trovare buone risposte. Il libro di Zucconi, però, ne fornisce una particolarmente ragionevole. Non c'è mai stata una vera e propria epoca d'oro dalla quale siamo caduti in basso: al contrario, la caduta è proseguita fin dall'Unità (e ancora prima) lungo una linea di occasioni mancate, tutte all'insegna del medesimo "caratteraccio" italico — in primo luogo, il suo sfrenato egoismo.
Zucconi indaga una serie di elementi che a suo avviso hanno determinato il risultato che è davanti a tutti i nostri occhi e del quale ci lamentiamo — pur vivendolo in prima persona — ogni giorno. Passa così dall'analisi dell'emigrazione est-ovest (e delle differenze fra Italia orientale e occidentale, meno famose ma altrettanto marcate di quelle fra settentrione e meridione) alla breccia di Porta Pia (la stramba unificazione effettuata "contro" la capitale naturale): e ancora il fascismo storico e quello persistente negli anni repubblicani, o la pretesa che la "carica delle 500" realizzasse finalmente un coagulo sociale, scarrozzando gli italiani in giro per la loro patria.
Di particolare interesse sono tre dei momenti di "mancata unificazione" che il nostro paese ha conosciuto. Il primo è Caporetto: la prima guerra mondiale, a differenza di unire una miriade di localismi e dialetti diversi (così come fu per la guerra d'indipendenza americana), li sacrificò sull'altare di una sconfitta. La percezione comune rimase quella che lo Stato chiama solo a morire, e allora tanto meglio difendere il proprio "particulare".
Il secondo è la smitizzazione dei dorati anni '60: la "mosca nel latte", come la chiama Zucconi, per la quale la pretesa unità creata dal boom era in realtà molto lontana. Basti ricordare i cartelli "Non si affitta ai terroni" di Milano (che a Torino erano, più elusivamente, "Si affitta solo a referenziatissimi"): le ondate migratorie interne, spinte dalla ricerca di una vita più sostenibile, non avevano prodotto alcuna autentica fusione.
Il terzo momento dove l'Italia mancò di reagire a una crisi e trovare la via giusta è, naturalmente, Tangentopoli. Ma qui la storia passata si fa subito presente, e l'inquietudine raddoppia.
In ogni caso, Zucconi congeda il lettore con un briciolo di speranza quasi dovuta: un popolo di navigatori, dopotutto, non può pensare che il viaggio finisca qui. C'è ancora spazio — forse — per fare un carattere nazionale che non è mai stato fatto in questi secoli.

Il caratteraccio
di Vittorio Zucconi

Laterza, pagg. 169, 12 euro

12 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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